L’imprenditore che ha portato FSOA in Emilia Romagna

Giovanni Mazzanti ha preso per mano Fare Sistema Oltre l’Accoglienza in Emilia Romagna e ha aperto una sede operativa AMU nella regione: “Si deve attuare un’accoglienza in cui ci sia [...]

Giovanni Mazzanti ha preso per mano Fare Sistema Oltre l’Accoglienza in Emilia Romagna e ha aperto una sede operativa AMU nella regione: “Si deve attuare un’accoglienza in cui ci sia il rapporto, la relazione, in cui si vada un po’ in profondità”. Consulente e imprenditore, suggerisce di capire bene quali sono le capacità dei ragazzi che arrivano in Italia per poterle sviluppare

Giovanni, com’è iniziata la tua adesione a Fare Sistema Oltre l’Accoglienza?
Sono un consulente e faccio anche un po’ l’imprenditore. Sette anni fa, insieme ad altri, ho avviato una start up al Polo Lionello Bonfanti a Loppiano (il polo imprenditoriale dove convergono aziende che aderiscono al progetto Economia di Comunione  ndr): abbiamo messo su un’azienda di  vendita di infissi. Lo abbiamo fatto per aiutare alcuni bravi falegnami che erano rimasti senza lavoro. L’azienda cresceva e quando sono venuto a conoscenza di Fare Sistema ho messo insieme le due cose.

Cioè?
Avevamo bisogno di una persona che potesse aiutare nel montaggio di infissi. Mi sono messo in contatto con Fare Sistema, ho aderito al Programma, così è arrivato da noi un ragazzo che ha svolto un tirocinio formativo. È stata un’esperienza interessante. Ho potuto constatare che il Programma, per come è strutturato, è molto valido perché c’è una collaborazione tra più parti: FSOA, imprenditori e famiglie. In quel caso abbiamo capito che quel ragazzo non era adatto a quel tipo di lavoro e siamo poi riusciti a fargli fare altro.

È così che hai “importato” Fare Sistema in Emilia Romagna?
Io sono di Bologna. Qualche anno dopo in occasione dell’anniversario di un premio che era stato dato a Chiara Lubich a Bologna vent’anni prima, abbiamo organizzato un incontro sul concetto di dialogo, soprattutto interculturale. Abbiamo invitato il sindaco e rappresentanti della Regione. In seguito, quando il Presidente della Regione ci ha invitati a parlare con lui perché era un momento in cui si sentiva molto il problema dell’integrazione, ci siamo detti: perché non presentare anche l’esperienza di Fare Sistema? E così è stato. Tant’è vero che il Presidente della Regione ci ha proposto anche di fare un corso ai comuni. Da allora, come volontario della rete, ho cercato di rendere l’esperienza di FSOA in Emilia Romagna più organica, più strutturata, dando una mano nel coordinare. Ho sollecitato perché trovassimo una risorsa che si occupasse delle attività FSOA in questo territorio: è così che ha iniziato a lavorare con noi l’attuale referente regionale Valentina Pignatiello.

Puoi fare un primo bilancio: cosa ti ha insegnato fino a ora il lavoro che fai per FSOA?
Che è assolutamente necessario creare per i migranti, soprattutto se minori, un tessuto sociale di inclusione. Non li si può lasciare soli. Abbandonarli a se stessi non aiuta a risolvere il problema. È fondamentale una rete tra famiglie, associazioni e imprenditori. Bisogna dar loro dei punti di riferimento, altrimenti li cercano da un’altra parte, magari sbagliata. Sono ragazzi giovani, che hanno lasciato la loro famiglia e spesso hanno vissuto vicende dolorose. Abbiamo di fronte delle persone con delle loro capacità: dobbiamo parlare con loro, ascoltare. Me ne sono reso conto quando ho parlato con il secondo ragazzo che era venuto a lavorare nell’azienda di montaggio di infissi…

Perché cosa è successo?
Era un ragazzo che si dava molto da fare sul lavoro, non si risparmiava, anche nella fatica. Poi a un certo punto la famiglia che lo seguiva si è accorta che aveva una certa dimestichezza con le piante. Allora io gli ho chiesto come mai: mi ha raccontato la sua storia. Nel suo Paese coltivava le arachidi assieme ai suoi fratelli. Perché te ne sei andato allora? gli ho domandato. Perché le arachidi le rivendono a cinesi e i cinesi le rivendono alle multinazionali e per loro il guadagno è quasi nullo. Ecco, riuscire a capire che questi ragazzi hanno già delle capacità, secondo me è molto importante. Si devono poter realizzare.

In quali altri campi, oltre quello lavorativo, si può fare qualcosa?
Lo sport, senza dubbio. C’era un ragazzo cui piace tanto giocare a calcio, ed è anche molto bravo: Youssuf, accolto nella famiglia e nell’azienda agricola di Luigi Castiglioni. Allora gli abbiamo trovato una squadra di calcio che gli ha fatto un provino e lo ha preso, vicino Modena. Lo sport aiuta a superare i pregiudizi ed è veicolo formidabile di inclusione. E poi anche il campo degli affetti: una famiglia che li segua. Tutte queste cose messe insieme fanno rete. Si deve attuare un’accoglienza in cui ci sia il rapporto, la relazione, in cui si vada un po’ in profondità.

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